Studi alieni sull’alienazione (satira fantascientifica)
Da uno studio approfondito degli Ufo sulla popolazione mondiale, uno studio pervenuto probabilmente negli ultimi anni alla Nasa e poi divulgato non si sa come attraverso internet... da questo studio, realizzato con tecniche di rilevazioni sconosciute, avanzatissime e indirette, che prenderebbe in considerazione variabili psicologiche profonde, atteggiamenti, comportamenti e opinioni, più le variabili che riguardano la distribuzione del reddito, interpolate con la qualità della vita percepita e reale... da questo studio segretissimo e dalla provenienza non identificata, sarebbero girati in rete pochissimi dati... dati elaborati probabilmente da avanzatissimi sistemi di intelligenza artificiale alieni, fatti lavorare automaticamente, probabilmente per più di vent’anni e forse integrati con l’osservazione partecipante, sotto mentite spoglie, di esseri di natura sconosciuta... risulta che:
- l’87% delle persone dei paesi sviluppati tene “omuortmiezecosce”, una poco comprensibile espressione aliena che tradotta da esperti dovrebbe voler dire che questa percentuale di persone non ha desideri o atteggiamenti endogeni e stabili, in grado di fare evolvere la propria vita autonomamente o quella degli altri.
- il restante 13% delle persone dei paesi sviluppati che ha qualche desiderio, atteggiamento o comportamento autogestito e creativo, in altre parole che sa più o meno cosa vuole veramente dalla vita, o non riesce a fare una mazza o non ci capisce un cazzo di questa situazione storica.
Si tratterebbe, secondo questo studio sconosciuto, complessivamente e probabilmente, degli effetti finali del boom economico, in particolare delle sue derive consumistiche, pubblicitarie, conformistiche, massificanti, carrieristiche. In parte, è anche, dovuto, pare, a battaglie e passioni politiche inconcludenti o finite male nell’ultimo secolo scorso. Questi i pochi frammenti di analisi aliene sul nostro pianeta che sono pervenuti a noi.
A parte le responsabilità e i doveri che la vita a volte ci impone, i nostri e altrui percorsi di transizione, e le sue difficoltà, trovo che lamentarsi spesso sia il segno che quel lavoro o quella situazione non fa per noi, che quell’impegno non è la nostra missione, la nostra strada, non lo è ancora, o forse non lo sarà mai.
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