La guerra nel mondo contemporaneo

La guerra distrugge uomini e territori ma crea nuove possibilità di sfruttamento, economiche e finanziarie e crea carriere politiche e fedeltà negative. Le industrie vendono armi agli stati, alcuni stati vendono armi ad altri stati, che fanno guerre per attaccare o difendersi o per la deterrenza, e si indebitano e pagano interessi per decenni agli stati e alle industrie che gli hanno venduto armi. 

Chi paga sono sempre i morti, i territori pieni di mine o pieni di armamenti pronti ad esplodere oppure da ricostruire e sottomessi politicamente ai creditori (altri stati possessori del debito). A pagare sono sempre i cittadini con le loro tasse, che contraggono debito pubblico con altri stati e il sistema bancario e vedono affievolire così gli stanziamenti statali per lo sviluppo sociale, per decenni. 

Questa è una buona parte del capitalismo in crisi del '900 e del nuovo millennio, è il capitalismo di uomini di stato e dell'industria senza più valori umani, mentre prima col capitalismo finanziario/privato/pubblico si costruivano maggiormente ferrovie, autostrade, porti, ponti, acquedotti, reti elettriche, reti di illuminazione, reti telefoniche, sistemi fognari e opere pubbliche in genere.

Allora, sul tema guerra, quanto conta il Risiko dei valori/principi, di cui parlano politici, tv e giornali, rispetto al Risiko dei soldi e dell'economia? Forse l'ultima guerra in cui contavano anche i valori è stata la seconda guerra mondiale, contro il nazifascismo, sappiamo che contribuí pure l'Unione Sovietica alla liberazione. 

Per capire meglio, bisognerebbe analizzare le ragioni di sempre della guerra (natura umana, difesa, accaparramento risorse strategiche naturali, geografiche, potere, etc.), prima e dopo il capitalismo moderno, come sistema economico finanziario globale (quello degli ultimi 250 anni?). Perché la guerra è sempre inutile e malvagia, si ripete da sempre, ma col capitalismo moderno e le sue ragioni economiche e finanziarie, diventa anche peggiore. O no? 

E poi, bisognerebbe pensare alle diverse strade possibili per politiche nazionali, unilaterali, bilaterali e multilaterali, per la transizione dalla spesa pubblica per le guerre, alla spesa pubblica per eserciti capaci di nuove opere civili per terra, mare e cielo.

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